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24/03/2016 - StarNews – Bollettino BCE: ripresa economica nella zona euro prosegue ma a ritmi inferiori alle attese

La ripresa economica nella zona euro prosegue ma "a ritmi inferiori a quelli attesi". A dirlo è la Banca Centrale Europea (BCE) nell’ultimo bollettino mensile.

Nel quarto trimestre del 2015, ricorda l’istituto centrale, il Pil si è mantenuto a un livello di circa il 3% superiore al punto di minimo toccato durante la crisi e inferiore di solo lo 0,2% rispetto al massimo pre-crisi del primo trimestre del 2008. I dati delle indagini disponibili fino a febbraio di quest’anno, inoltre, hanno indicato “una crescita moderata all’inizio dell’anno”, ritmo che potrà confermarsi anche nei prossimi mesi, a causa del rallentamento dei Paesi emergenti, della volatilità nei mercati finanziari, dei necessari aggiustamenti dei bilanci in diversi settori e della lenta attuazione delle riforme strutturali.

A livello settoriale, il valore aggiunto dei servizi ha superato il livello pre-crisi, favorito da una ripresa in gran parte ascrivibile ai consumi privati, mentre ciò non è ancora avvenuto per l’industria delle costruzioni. La crescita degli investimenti ha acquisito slancio nel quarto trimestre, molto probabilmente grazie agli investimenti in attrezzature per le costruzioni e altro tipo.

Nelle proiezioni macroeconomiche formulate dagli esperti della Bce, sono state tagliate le previsioni di crescita nell’eurozona, a +1,4% nel 2016 da +1,7%, e a +1,7% nel 2017 da +1,9% (+1,8% nel 2018). Si stima anche un aumento ancora molto graduale della crescita in termini reali del Pil mondiale (area euro esclusa) dal 3,1% del 2015 al 3,2 nel 2016, al 3,8 , nel 2017 e al 3,9 nel 2018.

La domanda interna, spiega l’Eurotower, potrà trovare un supporto ulteriore nei bassi prezzi del petrolio, che “dovrebbero espandere il reddito disponibile reale delle famiglie e i consumi privati, oltre che la redditività delle imprese e gli investimenti"; ma anche le misure di politica monetaria e il loro impatto favorevole sulle condizioni finanziarie, così come il costante incremento dell'occupazione, favorito dalle riforme strutturali già adottate. 

 In linea con quanto già anticipato dal presidente dell’istituto, Mario Draghi, a margine dell'incontro di inizio mese, infatti, “il Consiglio direttivo - si legge nella nota - dopo il pacchetto di misure deciso a inizio marzo e tenendo conto delle attuali prospettive di stabilità dei prezzi, si attende che i tassi di interesse di riferimento della Bce rimangano su livelli pari o inferiori a quelli attuali per un prolungato periodo di tempo, ben oltre l’orizzonte degli acquisti netti di attività effettuati tramite il piano di Qe. In aggiunta alle misure varate da giugno 2014, attraverso l’insieme articolato di decisioni di politica monetaria assunte a marzo 2016, è stato  fornito un considerevole stimolo monetario per contrastare i rischi più elevati per l’obiettivo di stabilità dei prezzi della Bce”. Per la BCE sarà cruciale evitare effetti di secondo impatto e assicurare il ritorno dell’inflazione a livelli inferiori ma prossimi al 2% “senza indebiti ritardi”. Il Consiglio direttivo, pertanto, assicura che “continuerà a seguire con molta attenzione l’evoluzione delle prospettive per la stabilità dei prezzi nel prossimo periodo”.

In prospettiva, sulla base dei prezzi correnti dei contratti future per l'energia, i tassi di inflazione nell’area dell’euro “si manterrebbero su livelli negativi nei prossimi mesi, per poi risalire nel prosieguo del 2016”. In seguito, l’inflazione si ritiene “continuerà a salire, sorretta dalle misure di politica monetaria della Bce e dalla ripresa economica”. La dinamica dei prezzi dei beni energetici, in particolare del greggio, secondo la Bce “continua a incidere sull’andamento dell’inflazione complessiva”, ma anche le misure dell’inflazione di fondo, al netto dei beni energetici e degli alimentari, “non mostrano un chiaro andamento al rialzo”. In prospettiva pertanto, l’inflazione nell’area dell’euro “si profila ancora negativa nel 2016 ma in risalita nel 2017 e nel 2018”.

Il tasso di disoccupazione in eurolandia, rileva la BCE, “ha continuato a ridursi ma resta elevato. A gennaio 2016 si è attestato al 10,3%, il livello minimo dalla metà del 2011. L’occupazione è costantemente aumentata dal 2013 e l’occupazione complessiva nell’area euro è salita di oltre due milioni di unità nel terzo trimestre del 2015. Tuttavia, dalla crisi si è osservata una divergenza tra il numero di occupati e le ore lavorate totali. Soprattutto a causa di una flessione ciclica delle ore lavorative degli occupati a tempo pieno e di un incremento nell’utilizzo di occupati part time, in particolare nel settore dei servizi”.

Il mercato del lavoro nella zona euro presenta evidentemente un eccesso di offerta di lavoro superiore a quanto mostrato dal tasso di disoccupazione. Si contano, infatti, circa sette milioni di persone (il 5% della forza lavoro) che lavorano a tempo parziale involontario per mancanza di un’occupazione a tempo pieno e oltre 6 milioni di lavoratori scoraggiati.

La banca centrale europea, infine, è tornata a sollecitare ulteriori sforzi di risanamento nei Paesi membri con alti livelli di debito, che diversamente saranno "particolarmente vulnerabili a un rialzo dell'instabilità nei mercati finanziari". Tra questi, soprattutto l'Italia, che rischierebbe di incappare in un "significativo scostamento dai requisiti" europei sui conti pubblici "anche se in primavera le venisse concessa una maggiore flessibilità".


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