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01/07/2021 - StarNews – Zona euro, Pmi manifatturiero finale di giugno a 63,4 punti da 63,1 di maggio

Nella zona euro, il Pmi manifatturiero (destagionalizzato) finale di giugno si attesta a 63,4 punti da 63,1 della stima preliminare, 63,1 di maggio e 63,5 della stima degli analisti di Star am, contenuta nel Market movers settimanale.

A giugno, dunque, il Pmi manifatturiero nell’eurozona ha raggiunto un nuovo picco: per il quarto mese consecutivo ha segnato un tasso mai superato in quasi 24 anni di storia dell’indagine e, per il dodicesimo di fila, si è posizionato sopra la soglia neutra di non cambiamento dei 50.0 punti, che separa l’espansione dalla contrazione. Ancora una volta, tutti e tre i sottosettori hanno registrato forti miglioramenti delle condizioni operative. In linea con la recente tendenza, sono stati i produttori di beni di investimento a registrare la crescita più forte, seguiti da quelli dei beni intermedi che hanno riportato il migliore Pmi della storia dell’indagine. I produttori di beni di consumo continuano ad arrancare, anche se con la crescita maggiore da giugno 2000.

I Paesi Bassi hanno continuato a guidare la classifica Pmi in termini nazionali, anche se, in linea con parecchi altri Paesi, hanno osservato una leggera contrazione del corrispettivo indice principale da quello record di maggio (a 68,8 punti, minimo in 2 mesi). Segue l’Austria, che ha marcato a giugno un livello record (a 67,0). La Germania, invece, ha mostrato un rafforzamento del Pmi marginale, l’Italia ha decelerato, a 62,2 (minimo in 2 mesi), mentre Spagna e Grecia, pur avendo registrato i risultati più deboli, hanno segnato crescite con record pluriennali (rispettivamente a 60,4 punti, massimo in 278 mesi, e 58,6, massimo in 254 mesi).

"A giugno il manifatturiero dell’eurozona continua a crescere e segna il record assoluto per l’indagine – ha commentato Chris Williamson, capo economista di Markit –, con un’impennata della domanda per via degli ulteriori allentamenti delle misure anti covid-19 e con l’avanzamento della campagna vaccinale, che giustificano l’ottimismo delle aziende circa il futuro. Detto ciò, la velocità della domanda ha messo in luce i problemi sulla capacità e sui trasporti, che hanno limitato la disponibilità di beni nelle fabbriche. Tale situazione, a sua volta, ha spinto i prezzi di vendita al rialzo a un tasso mai osservato in precedenza dall’indagine. I manifatturieri sono chiaramente disposti a pagare di più per assicurarsi una fornitura adeguata di beni chiave”.

"È incoraggiante osservare - ha aggiunto Williamson – come tanti indicatori dell’indagine fanno sperare che l’attuale impennata di aumenti sia solo transitoria. Rimangono diffuse problematiche come la congestione portuale e la carenza di container che però dovrebbero presto dissolversi con il passare della forte accelerazione della crescita post-pandemica. Allo stesso modo, nei mesi recenti abbiamo assistito alla crescita di scorte di sicurezza. Le aziende, infatti, hanno cercato di proteggersi contro possibili interruzioni sulla fornitura futuri. Questi aumenti hanno aggravato lo squilibrio a breve termine della domanda e dell’offerta ma non appena ci sarà un numero adeguato di giacenze presso i magazzini, questo effetto dovrebbe svanire”.

“Per concludere – ha concluso l’economista –, abbiamo osservato l’espansione della capacità attraverso la crescita record del livello occupazionale e i maggiori investimenti su attrezzature e macchinari. Tale espansione dovrebbe far aumentare la produzione in quei settori che attualmente stanno registrando difficoltà nel soddisfare la domanda ed eliminare, pertanto, pressioni al rialzo sui prezzi dei beni in questione”.


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