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01/03/2022 - StarNews – Zona euro, Pmi manifatturiero finale di febbraio a 58,2 punti da 58,7 di gennaio

Nella zona euro, il Pmi manifatturiero (destagionalizzato) finale di febbraio scende a 58,2 punti dai 58,4 della stima preliminare, dai 58,7 di gennaio e dai 58,8 stimati degli analisti di Star am nel Market movers settimanale.

L'indice manifatturiero di Markit, dunque, ha mostrato nuovi ed ulteriori segnali positivi, con un rafforzamento della crescita rispetto a gennaio sia della produzione che dei nuovi ordini. Si sono registrati, inoltre, minori ritardi nelle consegne mensili, con la minor lunghezza dei tempi da oltre un anno. Detto ciò, la capacità del settore è ancora sotto pressione e, anche se i tassi di inflazione dei prezzi di acquisto e di vendita hanno rallentato, sono ancora tra i più alti nella storia dell’indagine.

Nello spaccato nazionale, sono stati i Paesi Bassi a osservare il progresso maggiore delle condizioni manifatturiere (60,6, massimo in 3 mesi), seguiti da Germania (58,4, minimo in 2 mesi) e Austria (58,4, minimo in 3 mesi). Forti tassi di crescita anche in Italia (58,3, valore invariato), Irlanda (57,8, minimo in 11 mesi) e Grecia (57,8, minimo in 7 mesi), anche se le ultime due hanno riportato rallentamenti. Tra tutti i membri dell’eurozona monitorati, la Spagna ha registrato la crescita più debole (56,9, massimo in 3 mesi), seguita dalla Francia (57,2, massimo in 6 mesi).

"Non lasciamo che la riduzione del Pmi principale di febbraio ci distragga da quello che dovrebbe essere considerato come un mese molto positivo per il manifatturiero dell’eurozona - ha commentato Joe Hayes, economista senior di Markit –. La domanda di beni sta registrando una tendenza al rialzo, con un tasso di espansione accelerato al livello massimo in sei mesi. Le condizioni delle vendite sottostanti si stanno chiaramente rafforzando, mentre l’Europa supera l’ondata della variante Omicron e le aziende stanno intensificando i loro sforzi per una ripresa".

“Un altro passo positivo - ha aggiunto Williamson –, arriva dall’indicatore dei tempi di consegna dei fornitori, in rialzo a febbraio al massimo dall’inizio dell’anno scorso, segnalando il deterioramento minimo delle prestazioni dei fornitori da allora. In realtà è stata questa variazione a spingere l’indice Pmi al ribasso, anche se i timidi segnali di stabilizzazione nella catena di distribuzione certamente sono positivi in quanto favoriranno l’aumento della capacità produttiva, che è quello di cui abbiamo bisogno per vedere una diminuzione dell’inflazione”.

“L’attuale livello di inflazione è tuttavia ancora estremamente elevato – ha detto l’economista – e gli operatori che determinano i prezzi senza ombra di dubbio hanno ancora parecchio potere decisionale. La forte domanda di beni, associata alla carenza di fornitura ha continuato a spingere i prezzi di vendita al rialzo. Le aziende manifatturiere stanno a loro volta trasferendo tali aumenti ai clienti. A febbraio abbiamo assistito a un ben accetto alleggerimento dei tassi di inflazione dei prezzi di acquisto e di quelli di vendita. Malgrado ciò, questi restano ancora tra i più veloci mai osservati sinora”.

“Adesso, l’invasione della Russia in Ucraina, che porta con sé il rischio di frenare la crescita, alimenta nuovi rischi di inflazione (il brent è già in salita) – ha concluso Hayes -. Servirà una gestione politica macroeconomica prudente per contenere nuovamente le aspettative sull’inflazione, senza intaccare troppo la ripresa della domanda”.


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