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01/06/2022 - StarNews – Zona euro, Pmi manifatturiero finale di maggio a 55,5 punti da 56,5 di aprile, quarto calo mensile consecutivo
Nella zona euro, il Pmi manifatturiero (destagionalizzato) finale di S&P Global a maggio scende ancora (per il quarto mese consecutivo), a 54,6 punti (minimo in 18 mesi) dai 54,4 della stima preliminare e dai 55,5 di aprile.
Ancora una volta è risultata evidente la fragilità del settore manifatturiero dell’area. Gli ultimi dati mostrano la prima contrazione dei nuovi ordini da giugno 2020. La crescita della produzione è aumentata marginalmente dal recente valore minimo di aprile (da 50,7 a 51,3, massimo da 2 mesi) ma è rimasta fiacca. Mentre l’ottimismo delle aziende è tra i più bassi degli ultimi due anni per le preoccupazioni su prospettive dei prezzi, catena di distribuzione e domanda.
Ancora una volta i Paesi Bassi hanno marcato tra i Paesi dell’area euro la crescita maggiore (a 57,8 punti), anche se con un rallentamento dell’espansione al livello più basso in 18 mesi. Tassi di crescita più deboli hanno riportato anche Austria (a 56,6, minimo in 16 mesi) e Irlanda (a 56,4, minimo in 15 mesi). Le uniche economie tra quelle monitorate a registrare miglioramenti sono state Germania (54,8, massimo in 2 mesi) e Spagna (a 53,8, massimo in 2 mesi).
"I produttori manifatturieri dell’area euro - ha commentato Chris Williamson, Chief Business Economist presso S&P Global – continuano a registrare difficoltà nel contrastare i problemi derivanti dalla catena di distribuzione, per l’elevata pressione inflazionistica e per l’indebolimento della domanda, causato dall’incertezza delle prospettive future dell’economia. Il peggioramento dello stato di salute del manifatturiero, però, si sta aggravando per lo spostamento della domanda verso il settore dei servizi, in quanto i consumatori hanno incrementato la loro spesa in attività come turismo e ricreazione".
“L’indicatore della produzione dell’indagine ha mostrato ufficialmente come sinora nel secondo trimestre si sia verificata una leggera contrazione - ha aggiunto Williamson – e gli indicatori anticipatori di tendenza quale il rapporto tra ordini e scorte suggeriscono un'accelerazione del tasso di declino nei prossimi mesi, per l’improvvisa assenza di una ricrescita della domanda di beni. L’economia dell’eurozona, dunque, appare sempre più dipendente dal settore dei servizi nel sostenere la propria crescita nei mesi futuri. Il motivo principale del primo crollo dei nuovi ordini in quasi due anni è stata la crisi in corso di approvvigionamento e la conseguente pressione sui prezzi, con i produttori di parecchi beni e materie prime che hanno innalzato ulteiormente i prezzi, assieme al recente aumento dei costi energetici. Il potere di spesa è stato di conseguenza colpito duramente. Spesso, infatti, i consumatori hanno mostrato un'inclinazione a spostare la spesa dei beni sui servizi, sfruttando l’allentamento delle restrizioni pandemiche sui viaggi.”.
“Si rileva, tuttavia – ha concluso l'economista –, una pressione di fondo, data dalla crescente incertezza sulla prospettiva economica futura legata all’invasione russa in Ucraina, dalle continue pressioni inflazionistiche e dalle interruzioni sulla fornitura. Tali fattori, a loro volta, stanno alimentando l’avversione al rischio e la cautela tra i clienti, innescando maggiori rischi per il quadro economico futuro".